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Provare una via


Sulla roccia vera: strategie e allenamenti
(Tratto dal libro " Jollypower" edizioni Versante Sud)

Come detto più volte, l'allenamento migliore per arrampicare è arrampicare (con molte eccezioni e varianti). Ci sono però da fare varie considerazioni importanti:




quasi nessuno, anche tra gli arrampicatori evoluti, considera mai le sedute in falesia come sedute di allenamento sul campo: è giusto giocare e svagarsi, ma nel periodo di preparazione è utile pianificare anche l'outdoor all'interno del programma di lavoro;
pochi, anche tra gli scalatori di livello medio-alto, utilizzano una giusta tattica per arrivare al risultato, soprattutto nel lavorato: è come se fossero sempre "quasi a vista", facendo sbagli grossolani, senza ricordarsi una sequenza importante o la posizione di un piede o con che mano arrivare ad un appiglio anche dopo aver fatto vari giri sulla via. Un arrampicatore esperto deve avere la capacità di trovare la giusta sequenza e memorizzarla dopo pochi giri, in modo da utilizzare gli altri tentativi ad affinare, automatizzare, perfezionare e curare i particolari.

Il lavorato o superlavorato
Si dice che una via è stata fatta o salita "lavorata" quando non è stata salita né "a vista" né "flash"1..Da molti considerato come una disciplina minore rispetto alla più nobile arte dell' "a vista", in realtà è con il lavorato che si esprime il massimo della potenza fisica, mentale e tecnica. Molti di coloro che fingono di disprezzare la scalata superlavorata in realtà non reggono il grande sforzo mentale necessario: il lavorato a lungo termine crea molta più ansia dell'"a vista", e necessità di maggiore forza mentale. Solo chi è caduto molte volte su una stessa via, pur essendo vicino a farla, può capire quello che si prova mentre si sta per partire, quando ci si sta legando e si sente addosso tutto il peso della parete che ti opprime. La classica sindrome della "caduta sotto la catena" è tipica della scalata lavorata: scalando "a vista" anche l'insicuro riesce di solito a combattere fino all'ultimo appiglio. La scalata "a vista", pur essendo molto più difficile oggettivamente, anzi proprio per questo, si rivela inaspettatamente molto più facile dal punto di vista del "mentale". Quando si parte per una "a vista" si gioca il tutto per tutto, o la va o la spacca, una eventuale sconfitta viene anticipatamente giustificata da fattori oggettivi, l'ansia da prestazione è ridotta a quel minimo necessario per poter combattere all'ultimo sangue. Quando l'oggetto dell'ansia è reale, definito, davanti a noi, e non dentro di noi, è mille volte meno pauroso di quando è immaginato e ben configurato nella mente. La via superlavorata è proprio qualcosa che sta dentro di noi: col tempo diventa una ossessione. La paura assume un livello immaginato, cognitivo, che si autoalimenta con continui feedback interni, e non esterni (oggi sono più stanco... questo passaggio l'altra volta lo facevo meglio...cadrò sempre allo stesso punto...non la farò mai) dunque molto più potenti. Nella scalata a vista si combatte solo contro la parete, nel superlavorato si combatte contro la parete che si è alleata con una parte del nostro io, e la lotta diventa molto più difficile.

Strategie per il superlavorato
Il lavorato, a differenza della "a vista", ci offre il vantaggio di poter avere un approccio "analitico" al problema: possiamo calcolare, organizzare un piano di lavoro a medio termine. Prendiamo per esempio una via di 27 movimenti, di grado limite o oltre il limite (dopo le prime ricognizioni, e quando la via sarà già ben conosciuta, può essere utile farsi uno schema di massima del percorso, dividendolo per sezioni):

Via "Ergon", grado: due in più del tuo massimo fatto "a vista" . Note a fianco relative alla terza settimana di lavoro (6 sedute in tutto)





Seguiamo il percorso di un ipotetico climber che si accinge a provare "Ergon".


Durante i primi "giri", se la via è di un livello sicuramente non tentabile "a vista", non conviene cercare di fare più metri possibile in continuità. Infatti quando si cerca di salire le varie sezioni concatenando più movimenti possibile, si trascura la ricerca della giusta sequenza, non si cerca il punto esatto dove mettere il piede, come fare i moschettonaggi etc. Inoltre quando si sale in questo modo è più difficile ricordarsi gli appigli e gli appoggi usati. Il modo migliore invece è quello di fermarsi ad ogni protezione e studiare attentamente la sequenza. E' quasi sempre meglio salire sulla via subito da primi, provando le sezioni "localmente" da secondi (tirarsi su in qualche modo, passare il rinvio sopra, ricalarsi qualche metro e studiare il passaggio). Scesi a terra, dopo il primo giro, bisognerà cercare di ripetere mentalmente tutta la sequenza (mani e piedi): questo servirà per capire quali sono i punti ancora dubbi, e sapere meglio cosa andare a cercare durante il secondo giro. E' bene prendersi buoni riposi su tutte le protezioni e non provare freneticamente un passaggio che non viene subito: munirsi di un assicuratore paziente e fare finta che si stia facendo una seduta di bouldering. Il fatto che alcuni passaggi non riescano non deve assolutamente scoraggiare: la sensibilità e l'aumento della forza "nervosa" dovuta alla pedante ripetizione di un movimento produce effetti quasi miracolosi. Lo scalatore che sta tentando la nostra via ipotetica, dopo 4 giri, suddivisi in due giornate, è riuscito a fare tutti i movimenti tranne la sezione A, e si è fatto una chiara idea di tutta la sequenza dei piedi delle mani e dei moschettonaggi.
A questo punto il nostro scalatore è motivato a salire "Ergon" a tutti i costi: nel periodo in cui è stato lontano ha praticato un allenamento ideomotorio, ripetendo mentalmente, senza però ossessionarsi, la sequenza della via. In questa fase iniziale, l'allenamento ideomotorio serve più che altro per memorizzare i passaggi. Non lascia passare però molto tempo prima di tornare a provare. Non conviene, infatti, far passare troppo tempo tra un tentativo e l'altro, perché cosí si vanificherebbe l'effetto benefico della sensibilità-propriocezione, dovuto alla ripetizione. Siccome la sezione A ancora non gli viene, e preferisce scaldarsi bene, comincia a provare la via partendo dal riposo B (azzera in qualche modo i primi passaggi) e cerca ora di salire più pezzi possibile in continuità, per vedere quali sono i punti di caduta da stanco. Verificati quali sono questi punti, li studia ancora per cercare di vedere se riesce ad ottimizzare queste sequenze, magari cambiando un piede o cercando una lo-lotte o un aggancio. Sceso a terra riposa bene, circa 45', poi dedica l'intero tentativo seguente alla sezione A: provando i singoli movimenti e non ripartendo necessariamente ogni volta dall'inizio. Le sezioni dure vanno divise in sotto-sezioni, solo quando iniziano a venire bene i movimenti si provano tutte dall'inizio, è tipico del dilettante voler ripartire sempre ogni volta da sotto: le vie lavorate in teoria si possono provare anche al contrario, partendo da sopra.
Dopo circa 3 sedute, il nostro scalatore è riuscito finalmente a fare tutti i movimenti della via e anche a concatenare, singolarmente, tutte le sezioni A, C, E ed F e ha cominciato a saper sfruttare bene i riposi B e D. Cominciano i tentativi. Non essendo ancora vicinissimo alla riuscita, dedicherà solo un tentativo "a salire il più su possibile" e altri due a "lavorare". Con il primo tentativo arriva fino alla presa 16 e capisce che per superare la sezione E in continuità dovrà arrivare lassù molto più fresco. Il secondo tentativo lo dedica ad automatizzare il più possibile la sezione F che, pur essendo più facile, in continuità lo spaventa: la ripete 4 volte, con pochi minuti di riposo, partendo dalla presa 18 fino alla catena. Durante il terzo tentativo fa la stessa cosa sulla sezione C: 4 ripetute con pochi minuti di riposo, dalla 5 alla 15 presa, anche da secondo, se la via non strapiomba troppo.
Ora tutto è pronto e ogni tentativo potrebbe essere quello buono. Non si sta più "lavorando" e l'ansia da prestazione comincia a farsi sentire. A casa l'allenamento ideomotorio continua, ma adesso non ha più la funzione di memorizzare (solo un dilettante potrebbe fare ancora errori grossolani dopo 4 sedute piene sulla via), quanto quella di saper raggiungere lo stato mentale ideale e trasformare l'ansia in carica positiva. Se la via è molto al limite, comunque si lascia sempre un giro per "lavorare": un primo tentativo in cui appena cade riscende, senza provare oltre, per non stancarsi. Poi riposo lunghissimo (15' se cade subito, anche un'ora se cade alla fine). Poi un secondo tentativo nel quale dopo la caduta riparte quasi subito per abituarsi a scalare la sezione finale con le braccia cotte. Il terzo giro, infine, o si dedica ancora alle ripetute delle sezioni di resistenza, o riprova i passaggi chiave per renderli sempre meno massimali. Un altro espediente utile e poco usato dai dilettanti è quello di cercare di chiudere tutta la via partendo però non proprio dall'inizio. Questo per abituarsi a fare le ultime prese in una condizione molto simile a quella in cui ci si troverà il giorno che si chiude la via. Il dilettante parte sempre da sotto, cade e riparte; in questo modo, si trova ogni volta sulle ultime prese che ha appena ripreso fiato da un resting2.



Allenamento specifico per una via
Nel caso la via da tentare sia essenzialmente di resistenza o continuità, l'allenamento migliore rimane quello sulla via stessa. I vari tentativi e ripetute permettono di acquisire una resistenza specifica per quell'itinerario: la scalata diventerà sempre più fluida, si imparerà a stringere il meno possibile le prese, ad essere sempre più accurati e precisi, con il ritmo giusto e la giusta respirazione. Ma se la resistenza per una via la si costruisce sulla via stessa, attenzione che in questo modo si acquisterà un tipo di resistenza "fittizia", assolutamente specifica per quel percorso e non trasferibile altrove. Nel caso, invece, l'itinerario presenti sezioni molto "fisiche", e non si possa provare spesso (per esempio l'impossibilità di provare il percorso nei mesi invernali), può essere utile tentare la riproduzione della via in palestra.

Riproduzione della via in palestra
Anche se non si possono riprodurre con precisione gli appigli e la distanza tra essi, quello che si può riprodurre è il variare della intensità nelle varie sezioni, la durata dello sforzo e l'abitudine a superare passaggi duri subito dopo un riposo parziale. Per esempio, nel caso della via "Ergon", si può tracciare un boulder , poi disporre due prese buone che simulano un riposo, poi una sezione più blanda, un altro riposo meno buono, un altro boulder e una sezione finale di resistenza. Poi allenarsi a concatenare tutto il percorso. Ricordarsi che 30 movimenti fatti indoor si fanno molto più velocemente che su una via naturale: per cercare di simulare il tipo di sforzo reale è meglio prendere come riferimento la durata piuttosto che il numero di movimenti.

In palestra, inoltre, si può allenare il tipo di prensione che più ci serve per superare il passaggio chiave della via, per esempio una pinza, un bidito o una lista arcuata.

Il lavorato veloce
Abbiamo il lavorato veloce quando si tenta di salire una via in giornata o comunque in pochi tentativi. Le strategie iniziali in questo caso sono differenti rispetto al superlavorato: non essendo la via cosí al limite, non ci si preclude comunque la possibilità di salirla "a vista" o "flash": al primo giro dunque si dà il massimo cercando di salire il più in alto possibile. Una volta caduti non ci si deve limitare a portare la corda su in catena, studiando solo la parte rimanente e il passaggio chiave: anche la parte fatta in precedenza va rivista e ottimizzata. Infatti è tipico del dilettante, durante il secondo giro, fare molta più fatica proprio sulla parte che "a vista" gli era riuscita meglio.

Il flash
Si dice che una via è stata salita "flash", quando riesce subito, la prima volta che la si tenta, ma è stata spiegata da qualcuno o si è visto qualcuno che la eseguiva. Poiché, a livello di prestazione ufficiale, una via salita sotto dettatura del compagno che vi teleguida mani e piedi vale come una via che avete salito dando solo una rapida occhiata a qualcuno che la stava salendo (entrambe non sono più "a vista"), se proprio dovete fare una prestazione "flash", tanto vale che ve la fate spiegare bene e da una persona attendibile:


guardare una persona che vi dimostra la via, ma che sia una persona più o meno della vostra taglia;
cercare di memorizzare tutte le sequenze di movimenti, anche chiedendo consiglio a chi conosce bene la via, e ripeterla mentalmente prima di partire, senza farsi poi bombardare da paralizzanti raffiche di informazioni urlate3.

L'"a vista"
Si dice che una via è stata salita "a vista", quando riesce subito, la prima volta che si tenta e a queste condizioni:


non bisogna aver visto nessuno che scala sulla via medesima, nessuna foto o filmati di persone che scalano sulla via medesima;
non bisogna aver assicurato nessuno sulla via medesima. E' consentito studiare l'itinerario dal basso, guardando gli appigli;
non bisogna calarsi sulla via che si desidera provare per vedere e/o toccare gli appigli;
non si possono ricevere informazioni riguardanti l'itinerario, né prima né durante la salita4.

Nella scalata "a vista" si è costretti ad improvvisare, come un sassofonista jazz in una jam session, che crea qualcosa mentre la esegue, in maniera spontanea e talvolta casuale. Nel "lavorato", invece, si cerca di seguire, il più fedelmente possibile, una partitura già ben conosciuta e il nostro io diviene un direttore d'orchestra che deve guidare il corpo secondo un programma già definito. Lo scalatore "a vista" però, a differenza del jazzista, è alla ricerca di una partitura che non conosce, ma che esiste ed è stata già scritta da qualcuno. Non può inventare una nota che non trova, per esempio un appiglio rovescio nascosto: la scalata "a vista", a qualunque livello, è errore ed imperfezione, perfino lo scalatore più bravo del mondo, quando è sul proprio limite "a vista" , perderà necessariamente fluidità ed armonia.

Strategie per la scalata "a vista"
Nella scalata "a vista" la parte razionale e tattica riveste un ruolo importante soprattutto durante la pre-ricognizione dell'itinerario: bisogna cercare di individuare, osservando da sotto e da varie angolazioni:


le sequenze corrette degli spostamenti delle mani e dei piedi, cercando di mimarle;
come sono disposti i segni di magnesite. Talvolta è possibile, guardando come è sporcata una presa, capire se la maggior parte delle persone la impugna con la mano destra o con la sinistra (per esempio vedendo il segno bianco lasciato dal pollice);
dove sono i probabili punti di riposo, se ci sono incastri di ginocchio, lo-lottes o tallonaggi;
i punti dove fare i moschettonaggi.

Una volta partiti sarà più che altro una questione di intuito oltre che:


capacità di adattare velocemente schemi generali, conosciuti e automatizzati a situazioni sconosciute e particolari;
capacità di utilizzare gli eventuali punti di riposo anche come "stazioni strategiche" 5 per studiare i prossimi movimenti: se il riposo è buono, un ottimo "trucco" è quello fare due o tre movimenti per cercare di capire la sequenza e saggiare le prese per poi tornare indietro a riposarsi bene. Si studia il passaggio e si torna al punto di riposo: in questo modo è possibile "lavorarsi" un poco la via pur rimanendo sempre "a vista" dal punto di vista della prestazione;
resistenza alla forza e capacità di recupero parziale anche su riposi non buoni, per poter correggere eventuali errori e tornare indietro;
capacità di andare al limite e non mollare anche quando ci si sente completamente "cotti". Ricordare che la sensazione di essere completamente "acciaiati" di solito arriva prima della effettiva paralisi dei muscoli: "quando sei finito, fai ancora due prese..." (e due prese in più potrebbero voler dire raggiungere un riposo parziale).

Allenamento per la scalata "a vista"
L'unico allenamento possibile per la scalata "a vista" è la scalata "a vista" stessa. Provare tante vie di diverso stile e in falesie diverse: in altre parole, viaggiare. Non è utilizzabile un allenamento di palestra, tranne che come pallido surrogato. Chi fosse confinato in una sala indoor senza la possibilità di scalare sulla roccia vera, dovrebbe cercare di esercitarsi più che altro sulla resistenza alla forza e sulla capacità di recupero attivo in parete. Infatti a differenza della scalata con la corda su pareti indoor (gare di difficoltà), le vie "sulla roccia vera" sono quasi sempre discontinue, con sezioni molto intense intervallate da riposi parziali6.

Programmi di allenamento "a vista"
Il metodo delle ripetute
Allenamento per la resistenza: si effettua su vie ben conosciute e sotto il proprio limite, facendo serie di due o tre ripetizioni di seguito e senza riposo dello stesso itinerario. E' bene scegliere vie abbastanza omogenee nella difficoltà e non vie "di boulder"7.

Esempio di allenamento:

1 serie da 3 ripetizioni sulla via A

riposo 15'-30'

1 serie da 3 ripetizioni sulla via B

riposo 15'-30'

1 serie da 3 ripetizioni su A

Riposo 15'-30'

1 serie da 3 ripetizioni su B

Svantaggi:


metodo antico e ormai passato di moda, perché parte dei miglioramenti erano dovuti soltanto all'adattamento specifico sulla particolare via dove si eseguivano le ripetute;
lunghi tempi di compensazione, non si vedono subito miglioramenti, anzi, all'inizio ci si sente molto più stanchi.

Vantaggi:


permette di fare un allenamento intenso anche se si ha poco tempo;
permette di allenare la resistenza anche se si hanno poche vie a disposizione su cui lavorare.

Il metodo "Dal Prà"
Molti tra i più forti scalatori si sono formati con questo "semplice" metodo: fare più vie possibile, nella stessa giornata, tutte conosciute, tutte da primi, tutte relativamente difficili.

Esempi di allenamento:


dalle 10 alle 20 vie o più, conosciute e della massima difficoltà tale da poterle salire senza cadere e con una certa fluidità. Per scegliere le vie in base alla giusta intensità ricordarsi che la conoscenza della via incide molto di più che il grado: un 8a che conosco a memoria lo posso salire anche da stanco, magari due volte di seguito e cadere su un 7b di cui non ricordo nulla.
Dalle 10 alle 15 vie, "a vista", di cui al massimo 3 sono vicine al proprio limite, le altre tutte più facili.

Non fare questo tipo di allenamento su vie "a vista" vicine al proprio limite. La scalata "a vista" è troppo intensa, " legnosa" e affaticante dal punto di vista fisico e mentale che non ci si può associare un volume troppo elevato8.

Svantaggi:


quasi nessuno, tranne la difficoltà di attuarlo se non si ha a disposizione una falesia abbastanza grande e con una buona scelta di vie della giusta intensità.

Vantaggi:


aumento della resistenza in tempi brevi;
aumento delle capacità coordinative, della capacità di lettura della roccia, si affinano le qualità cinestetico-propriocettive, vale a dire la sensibilità e la fluidità.

Il metodo ipergravitazionale
E' in realtà il vecchio sistema di allenamento che prevedeva la scalata con addosso dei sovraccarichi (appositi gilet pieni di sabbia o cinture da sub con i pesi). Si scala solo con la corda dall'alto.

Svantaggi:



forte aumento delle possibilità di farsi male (infiammazioni, tendiniti ecc.);


possibili ripercussioni negative sul gesto tecnico. Sconsigliato a chi non abbia già acquisito un elevato grado di maestria;


lunghi tempi di compensazione, non si vedono subito miglioramenti, anzi, all'inizio ci si sente molto più stanchi.


Vantaggi:



possibile aumento considerevole della forza e della resistenza .


Le salite monobraccio
Metodo di straordinaria efficacia, consiste nel salire una via, relativamente facile e con la corda dall'alto, lanciando con un solo braccio.

Svantaggi:


difficile trovare itinerari adatti, si rischia di fare vie troppo facili o praticamente impossibili:
la pelle delle mani si abrade velocemente e anche la possibilità di infiammazioni tendinee o strappi è considerevole.

Vantaggi:


allena molto la forza, il contraccolpo che si deve controllare per non cadere è una sorta di "pliometria" molto specifica;
allena molto anche la coordinazione e la tecnica: bisogna sempre mettersi in una posizione che permetta il lancio, spostando piedi e baricentro alla ricerca di un possibile equilibrio.





Note

1 Una via si considera "fatta" o "salita" solo quando la si sia eseguita da primi di cordata senza cadute e senza resting, senza nessun rinvio con la corda già pre-moschettonata, a meno che da esso non sia stato possibile scendere scalando. E' consentito avere i rinvii già messi sui punti di protezione. Se si allunga con un rinvio la catena, tale rinvio va considerato solo di protezione, ma non può essere considerato il "Top".



2 Se a livello di lattato pochi secondi di riposo non giovano molto, a livello cardiaco e respiratorio aiutano.



3 La pratica di "teleguidare" una persona su una via urlando informazioni è, a mio parere, di pessimo gusto, e anche controproducente se non fatta da un professionista.

4 E' consentito avere i rinvii già messi sui punti di protezione.



5 Cosí venivano definiti da Gullich nel libro "Sportklettern heute"



6 Il concetto di "riposo parziale" è relativo al proprio livello ed allenamento: dove qualcuno si può riposare, altri non ci passano nemmeno. Prerogativa del forte scalatore "a vista" è quella di riuscire a fare del percorso un susseguirsi alternato di passaggi e punti di riposo parziali.

7 Si dicono vie "di boulder" quelle vie che presentano un passaggio o una breve sequenza molto difficile rispetto al resto del percorso



8 Ricordarsi che associare elevata intensità ad un elevato volume non favorisce la sovracompensazione e può portare a sovrallenamento.

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