La differenza tra scalata su roccia in falesia e in montagna, dal punto di vista tecnico, non esiste, come dimostrano il boulderista Kevin Jorgeson che libera tiri di 9a della Dawn Wall a 1000 metri dal suolo, o viceversa, le storie di alpinisti come Christoph Heinz che poi si trasferiscono in falesia o addirittura su strutture artificiali e compiono prestazioni di altissimo livello.
Se proprio vogliamo trovare un confine netto, è più marcato quello tra indoor e falesia rispetto a quello che c’è tra falesia e montagna.
La Guida riunisce insieme tutte queste visioni, per poi specializzarsi, come un dermatologo che prima studia il cuore, le ossa, il sangue, i polmoni, e poi si orienta verso un particolare elemento. Queste conoscenze ulteriori, anche se sembrano distanti, costituiscono un arricchimento e di certo non un difetto.
Affermare in maniera generica che “le guide alpine non hanno competenza nella scalata in falesia” è una affermazione la cui offensività viene mitigata soltanto dalla sua stupidità.
Perché, allora, concedere l’onore di questa ribalta, quando il silenzio è la risposta migliore che si possa dare?
Perché questa affermazione diffamante è stata inviata alle istituzioni e, in copia, a tutte le palestre italiane.
Torniamo al ragionamento precedente: la guida alpina DEVE avere competenza ANCHE in falesia, perchè la falesia è un mattone senza il quale il resto delle conoscenze non sarebbero possibili: come un ingegnere deve conoscere l’analisi matematica, cosi la Guida, indipendentemente dalla specializzazione che vorrà prendere, deve avere le basi di “arrampicata in falesia”. Affermare, in generale, che le Guide non siano competenti in materia di arrampicata su roccia equivarrebbe a dire che non lo sono su nulla. (Quindi l’affermazione del Ghisleni è doppiamente offensiva, oltre che doppiamente falsa).
Questo non toglie che al giorno d’oggi siano necessarie anche altre figure specifiche per la scalata sportiva, indoor e outdoor. Ne parlo da 30 anni, e 30 anni fa sono diventato “Maestro di arrampicata” (figura che oggi non esiste più). Quindi sono ferrato sull’argomento.
Ci sono due strade, che a mio parere vanno percorse entrambe, di concerto tra federazione e Guide Alpine: quella non-profit federale e quella professionale dei “Maestri di arrampicata”
PRIMA STRADA
Quella non-profit: formare degli istruttori federali che abbiano anche competenze outdoor. Quindi non gli attuali, come propone Vertical Lab. No perchè gli attuali istruttori federali ricevono ZERO ore di formazione su roccia. Come può un istruttore che non ha ricevuto alcuna formazione su roccia e non ha superato alcuna selezione, insegnare proprio sulla roccia? Evidentemente non può, quindi è necessaria una nuova formazione (e selezione) per gli istruttori federali. Neppure è lecito risolvere il problema come fa Vertical Lab “creando” delle figure private, perchè si andrebbe verso l’anarchia più totale: come se io stesso, che studio la scalata sportiva da 40 anni, mi sentissi autorizzato a formare degli “istruttori Jollypower” e pretendere che questi siano legalmente riconosciuti professionisti.
Nessun istruttore, che non sia Guida, oggi, può essere formalmente un professionista. Come scritto nel sito federale “I Tecnici Federali F.A.S.I. operano unicamente in ambito non-profit.”
Lo spiego in altre parole perchè questa cosa è importante:
Nel senso più nobile della parola, gli istruttori sono tutti dilettanti.
La mission federale sta tutta incastonata in una lettera, che le società e associazioni devono obbligatoriamente contenere nel propio nome, pena la non affiliazione: la D.
D come Dilettantistica.
Se voglio operare in ambito strettamente federale, non potrò dividere gli utili, se voglio uscire dalla “società” che ho creato non posso ricevere un centesimo, perchè tutto è di tutti; non ci sono quote azionarie. I guadagni degli istruttori devono essere commisurati al restante lavoro volontario, e il compenso degli istruttori non deve configurarsi come un fine “indiretto” di lucro per le associazioni. Il contratto con gli istruttori deve prevedere che la prestazione sia di tipo non professionale (quindi, forse, un hobby?). Non sto dicendo che tutto questo sia giusto, anzi è orribile; sto dicendo che è così.
Fino a che non ci sarà una riforma dello sport (anche questa auspicabile), il professionismo per atleti e allenatori è permesso solo a pochissime federazioni come calcio, pugilato, motociclismo e mai all’interno di una ASD/SSD.
SECONDA STRADA
Creare una nuova figura professionale: i maestri di arrampicata. Che, come le Guide alpine, possano operare per profitto, farne la propria professione principale, una cosa che sia, legittimamente, “a fine di lucro”. Con un proprio albo, una cassa di previdenza, magari un sindacato. Facile a dirsi, ma difficilissimo a farsi, perchè bisogna far passare una nuova legge nazionale, che poi deve essere recepita da tutte le regioni, oppure modificare quella esistente.
CONCLUSIONI
Oggi la maggior parte delle Guide ha una visione moderna; non vede la federazione come un nemico, ma come un partner. Pensa che bisogna lavorare in concerto per creare queste due figure (quella non-profit e quella professionale) e formarle nel migliore dei modi possibili. Senza litigare.
Purtroppo, da entrambe le parti, piccole minoranze estremiste creano danni enormi al movimento.
Dalla parte delle guide ci sono ancora persone che, pur di mantenere piccoli privilegi ormai desueti, non riconoscono le dimensioni del movimento sportivo: se non riconosciamo questo, tra qualche anno noi guide verremo spazzati via.
Dalla parte dell’associazionismo, ASD come Vertical Lab gettano benzina sul fuoco usando demagogia spicciola, dichiarazioni eclatanti e superficiali, cercando di sfruttare il contagio dell’ignoranza collettiva al fine di cercare scorciatoie per diventare professionisti (visto che i percorsi canonici sarebbero troppo difficili per le loro capacità), in un’attività, la scalata sportiva, che provoca ogni anno incidenti mortali e lesioni gravissime.
Il mio auspicio è che, da parte dei vertici delle guide, vengano prese ufficialmente le distanze da coloro che hanno visioni anacronistiche;
da parte dei vertici della federazione, allo stesso modo, vengano prese le distanze da associazioni non-profit come Vertical Lab che, cercando di fomentare con slogan da imbonitori (che spesso vengono condivisi in maniera acritica e irriflessa), creano fratture nel tessuto sociale scalatorio, recando danno all’intero movimento.
È il momento di mettere da parte le forze distruttive e unire quelle costruttive, altrimenti passeranno altri 30 anni prima che qualcosa cambi.
aleBarna
complimenti
commento, si, ma chiarisco subito che non ho nulla da aggiungere o eccepire rispetto al testo di questo articolo. ne condivido i toni (importanti qui, visto quello che si sente in giro) e la percepibile ragionevolezza. che dire... ci siamo incontrati a Espadelles un paio di anni fa e, in quella occasione, ci tenevo a salutarti perchè ti considero una persona intelligente dalla quale si può apprendere molto, non solo dal punto di vista strettamente tecnico legato all'arrampicata. avanti così Jolly e grazie!